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Quello che pensano i bambini

Alcuni bambini pensano che i bambini li porti la cicogna. Altri che nascano sotto il cavolo.

Mio figlio pensa che i bambini vengano portati dall’assistente sociale. E da tre mesi non fa che parlare di Little Brother, questo supereroico ratmaniano amico immaginario, che ha già un lettino pronto nella sua stanza e una macchinina nuova nell’armadio.

Little Brother si mette sempre nei guai, si trasforma in un robot gigante dalle sembianze di Pinocchio e ogni tanto si strozza con una polpetta, muore e poi risuscita, rompe i giocattoli nuovi di Big Brother e gli dice di giocare ancora cinque minuti prima di lavarsi i denti. E poi altri cinque ancora. Little Brother incontra i soldati americani durante la seconda guerra mondiale ma per fortuna non gli sparano, vogliono solo farsi una foto con lui e l’asinello. Little Brother viene rapito in continuazione sotto le sembianze di dalmata, uova di dinosauro o cucciolo di foca puzzolente. Little Brother guida la motocicletta senza permesso e quando Big Brother se ne accorge gliela taglia a metà con le forbici.

mini donuts

Se penso che un anno fa mio figlio è arrivato nella macchina dell’assistente sociale, piccolino, magrolino e con la faccia spaventata di vecchietto, e adesso può andare avanti a disquisire per trentacinque minuti no-stop forte dei suoi quarantatrè pollici e quaranta pounds, se penso che si sveglia cantando Allafieradellest e All’ombra dell’ultimo sole si era appetito un pescatore. Che parla americano meglio di noi, capisce l’italiano anche se a volte fa finta di no, canta in hebrew che mi sembra l’esorcista e conta in spagnolo e portoghese.

Se penso che ci sono quarantamila little brothers e sisters nel foster care e che me li porterei tutti in casa ma non si può.

Se penso a un altro anno di assistenti sociali che ti aprono il frigorifero e chiedono domande improbabili e e vogliono parlare in privato con tuo figlio (che li chiama stupid e chi può dargli torto). A un altro anno di assistenti sociali adorabili che ti rassicurano e rispondono alle tue quarantamila email e portano sorrisi e Monster Truck alle visite. A un anno di pianti in tribunale e a un anno di no-viaggi-fuori-dalla-California.

Ripenso a tutto questo, e penso che sì, certo che lo rifarei, lo rifaremmo, e lo rifaremo. Magari non subito subito. Magari, adesso che le acque sembrano un po’ più calme, pensavo di ricominciare a scrivere sul blog.

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